Intervista agli EtnoSound, una giovane voce di Calabria

di Valeria Rombolà

Gli EtnoSound sono un gruppo di cinque giovani ragazzi calabresi, accomunati dalla passione per la musica popolare. La loro storia comincia nel 2012, ma il grande successo viene raggiunto con il brano “Vorria mu moru” per il quale si aggiudicano il premio “Checco Manente” per il videoclip musicale. Ad oggi vantano la pubblicazione di sei album e dell’ insigne premio “Miglior Gruppo Etnico della Tradizione Popolare Calabrese”. Li abbiamo incontrati in occasione della tradizione Sagra della Sujaca di Caria, dove hanno animato il pubblico della piazza. Ai nostri microfoni Leonardo Bonavita e Andrea Carrano, rispettivamente frontman e musicista del gruppo, ci parlano del loro percorso e della storia di questo gruppo, così giovane ma destinato al successo.

Leonardo Bonavita. Foto di Nancy Riso

Le vostre canzoni trattano tematiche molto diverse tra loro. Da dove nasce il racconto alla base dei testi delle vostre canzoni? C’ è un tema a cui tenete particolarmente?
Leonardo:
Soprattutto dal fatto sociale calabrese e dalla volontà di noi giovani di voler cambiare credenze antiche e radicate al territorio, attraverso il racconto musicale. Prima fra tutte, quella legata al matrimonio “a tutti i costi”. Tendiamo ad ironizzare questo aspetto della nostra realtà. Ne è l’esempio “nu mi voggihu maritari” , scritta da Andrea. Si ha la sensazione che quando si conosce una ragazza qui sembra che si sia costretti necessariamente a sposarla. Queste usanze rappresentano, però, proprio la storia di Calabria che noi abbiamo vissuto e che ci interessa raccontare. La componente biografica è fondamentale nei nostri racconti.

C’ è una canzone a cui siete particolarmente legati?
Leonardo:
Ogni canzone ha per me un significato speciale. Personalmente sono molto affezionato a ” Mari Calabrisi”, racconto delle mie passeggiate sui lungomare della mia terra, ricche di ricordi e ispirazioni.
Andrea:
Per me, invece, ” Nu mi voggiu maritari”, storia di un forte desiderio di libertà e della volontà di resistere alle restrizioni paternali legate al matrimonio.

Com’ è nata l’idea del gruppo?
Leonardo:
Ho iniziato,casualmente, sette anni fa a suonare sui palchi per mezzo del servizio civile. Quell’esperienza mi ha convinto definitivamente su cosa volessi fare. Da lì, ho iniziato a formare il gruppo. È un vita dura, si sta via per diversi mesi e questo comporta la rinuncia a molti affetti. Proprio per questo motivo, la passione per questo lavoro è fondamentale.
Andrea:
Io venivo da un contesto differente: suonavo nelle orchestre e ho fatto qualcosa nel pop. Mi sono aggiunto e piano piano il gruppo è cresciuto.

Andrea Carrano. Foto di Nancy Riso

Già nel nome stesso del vostro gruppo c’ è un riferimento al Sud, ma cosa rappresenta per voi questo territorio? Che valore ha la Calabria?
Leonardo:
Per noi è tutto. Vogliamo restare qui, ma tentando di portando il racconto della nostra terra al di fuori dei confini del territorio. Siamo stati in Svizzera e a Settembre andremo in America per portare la nostra musica nelle realtà calabresi presenti negli USA. Ognuno ha il suo strumento per aiutare la propria regione. Noi abbiamo questo: raccontare la Calabria attraverso le note delle nostre tarantelle. Non tutte le piazze,però, ci riservano la stessa accoglienza e non tutti hanno la stessa libertà espressiva.
Andrea:
Crediamo molto nel recupero di questo territorio. Piano piano, ci siamo fatti strada e ora le nostre musiche animano tante piazze calabresi e non solo. Per noi, è un privilegio enorme poter suonare ed esprimere noi stessi.

Redazione

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