Brattirò, fiera della Santa Croce
18 aprile di ogni anno a Brattirò, ed anche quest’anno, si svolge una fiera della Santa Croce che prende luogo da molto tempo. Oggi è una fiera molto piccola durante la quale i cittadini brattiroesi e dei paesi limitrofi acquistano da venditori ambulanti oggettistica di ogni tipo. Un tempo era una delle tante fiere organizzate in tutto il Comune drapiese finalizzata esclusivamente alla vendita e all’acquisto di bestiame. Era infatti l’occasione in cui i paesani contrattavano per compre maiali, mucche, pecore, pollame e via discorrendo per riuscire a sostenere la famiglia, spesso numerosa, durante tutto l’anno. Era quindi una vera e propria fonte di sostentamento. Anche i bambini attendevano con entusiasmo e trepidazione questa giornata perché potevano comprare gli unici passatempo in voga al tempo come, ad esempio, “u pirrocciulu”, con cui giocare e riempire le proprie giornate. La fiera di paese, in quasi tutti i paesi della zona è rimasta un’usanza popolare che vorremmo non morisse mai. Sebbene l’esposizione delle merci in vendita abbia subìto una radicale trasformazione, è lo spirito della fiera che è andato conservandosi nel tempo. «Il 18 aprile c’è la fiera mamma! Non si va a scuola!»
Sì è vero, i piccoli aspettavano e aspettano tuttora con entusiasmo e trepidazione la fiera del 18 aprile, perché si è liberi di passeggiare da soli e fare acquisti con i soldini regalati appositamente dai nonni. In questo il tempo si è fermato. Ma bisognerebbe spiegare a tutti, per non far perdere le tradizioni, che questa fiera serviva ai nostri avi a poter vendere e acquistare il bestiame che sosteneva per tutto l’anno una famiglia, quasi sempre impiegata col duro lavoro nei campi, con diverse bocche da sfamare. Ma alla fiera della Santa Croce vi era anche uno scambio di vasellame, le cosiddette “tijea, pignatei, giarre” che erano le pentole di una volta e che per fortuna si utilizzano anche oggi. Col tempo e con l’avvento del progresso, i maiali, le mucche, le galline e le pecore che popolavano le strade hanno lasciato il posto a bancarelle di venditori ambulanti di ogni genere: vestiti, pentole, fiori, ecc. Insomma, oggi la nostra fiera è divenuta un sostanzioso mercato. L’oggetto tipico che veniva acquistato, allora come adesso, era “u curteuzzu”, il coltellino da tasca, mentre “u pirrocciulu”, tipico passatempo dei bambini, ahimè non è più in mano ai nostri figli, oggi troppo concentrati con la tecnologia.
i soldini regalati appositamente dai nonni. In questo il tempo si è fermato. Ma bisognerebbe spiegare a tutti, per non far perdere le tradizioni, che questa fiera serviva ai nostri avi a poter vendere e acquistare il bestiame che sosteneva per tutto l’anno una famiglia, quasi sempre impiegata col duro lavoro nei campi, con diverse bocche da sfamare. Ma alla fiera della Santa Croce vi era anche uno scambio di vasellame, le cosiddette “tijea, pignatei, giarre” che erano le pentole di una volta e che per fortuna si utilizzano anche oggi. Col tempo e con l’avvento del progresso, i maiali, le mucche, le galline e le pecore che popolavano le strade hanno lasciato il posto a bancarelle di venditori ambulanti di ogni genere: vestiti, pentole, fiori, ecc. Insomma, oggi la nostra fiera è divenuta un sostanzioso mercato. L’oggetto tipico che veniva acquistato, allora come adesso, era “u curteuzzu”, il coltellino da tasca, mentre “u pirrocciulu”, tipico passatempo dei bambini, ahimè non è più in mano ai nostri figli, oggi troppo concentrati con la tecnologia.